La Deriva Cardiaca
Vi è mai capitato di eseguire una serie di esercizi a potenza/intensità costante e notare che a parità di sforzo profuso, la frequenza cardiaca aumenti di qualche battito man mano che passa il tempo? Ebbene sappiate che questo fenomeno ha un nome ben preciso ed è stato studiato in medicina già molti anni fa. Stiamo parlando della Deriva Cardiaca. Il fenomeno, del tutto naturale, si manifesta con un aumento della frequenza cardiaca (FC) riscontrabile nel corso di esercizi eseguiti ad una potenza stazionaria. Per contestualizzare meglio il fenomeno proviamo a fare un esempio pratico prendendo come riferimento un ciclista che pedala all’interno di un velodromo per venti minuti, ad una potenza stazionaria di 230 watt che gli consentono di pedalare a 36 km/h. Appena partito, il nostro atleta vedrà la frequenza cardiaca aumentare rapidamente fino al raggiungimento di un valore apparente stabile in corrispondenza della potenza erogata, tuttavia dopo qualche km, a differenza di quanto atteso, sarà possibile notare che la FC continua ad aumentare leggermente fino alla fine dell’esercizio.
Per poter indagare sul fenomeno occorre adesso introdurre un paio di concetti che ci aiuteranno nella comprensione, si tratta della Scarica Sistolica, ovvero la quantità di sangue espulsa dal ventricolo sinistro durante ogni singolo battito e della Gettata Cardiaca che corrisponde al volume di sangue “pompato” al minuto, ovvero al prodotto tra scarica sistolica (ml) e battiti al minuto. Ancora un esempio ci aiuterà a comprendere il fenomeno. Ipotizziamo che il nostro atleta durante l’esercizio raggiunga la FC di 160 bpm con una Scarica Sistolica di 0,165 lt, mediante un semplice calcolo otteniamo un Gettata Cardiaca di 26,4 lt al minuto (160×0,165=26,4 lt).
Una volta chiarito il concetto di gettata cardiaca intesa come la portata di sangue al minuto che viene pompata ai muscoli (oltre che agli altri organi) chiariremo come il fabbisogno di ossigeno richiesto dall’esercizio venga garantito dal cuore in due modi: con l’aumento della Scarica Sistolica (fino ad una certa percentuale dello sforzo massimo sostenibile) e con l’aumento della frequenza cardiaca. Entrambi questi fenomeni si manifestano non appena il nostro atleta inizia a pedalare nel velodromo.
Tornando al tema in analisi adesso possiamo affermare che nel corso dell’esercizio a potenza costante la Scarica Sistolica si riduce leggermente con il passare dei minuti pertanto, per compensare la riduzione della quantità di sangue che verrebbe “pompato” ai muscoli, il nostro organismo si vede costretto ad aumentare la FC. Questo è esattamente il fenomeno che volevamo descrivere, tuttavia sulle sue cause esiste ancora un ambito di incertezza anche se sembra che una certa dipendenza sia dovuta all’aumento della temperatura corporea.
Ai nostri fini interessa sapere che il fenomeno esiste e in quali circostanze si manifesta in modo da poter adeguare al meglio ciascun esercizio, soprattutto nei casi di atleti che fanno uso del solo Cardio Frequenzimetro.
Per tutti gli atleti che si allenano seguendo le indicazioni della frequenza cardiaca è bene tenere in considerazione questo fenomeno al fine di non incorrere in un’esecuzione errata degli esercizi. Facendo ancora ricorso ad un esempio pratico, se il nostro atleta dovesse eseguire un intervallo medio lungo in Z3 di potenza, seguendo le sole indicazioni del cardio frequenzimetro, rischierebbe di non rispettare il target nella seconda parte dell’esercizio, finendo per pedalare ad un wattaggio inferiore a quello richiesto. La riduzione sarebbe dovuta, come spiegato in precedenza, alla diminuzione della Scarica Sistolica ed al conseguente aumento della FC. Il nostro ciclista, senza rendersene conto finirebbe per adeguare la propria potenza su livelli inferiori al fine di rispettare la FC indicata dal cardio frequenzimetro.
Lo stesso fenomeno potrebbe verificarsi nel caso di più esercizi identici eseguiti a potenza costante nel corso di uno stesso allenamento. Le ripetute eseguite nella parte finale dell’uscita subirebbero un calo di potenza qualora il ciclista intendesse rispettare una FC costante.
Detto questo ricordiamo di tenere in considerazione il fenomeno ogni qual volta ci accingiamo a eseguire lavori utilizzando i soli dati del cuore… in caso volessimo mantenere constante la potenza erogata nel finale occorre accettare un lieve aumento della FC. Leggendo lo stesso fenomeno in maniera inversa, qualora volessimo eseguire ripetute che impegnino il cuore in maniera costante ricordiamoci che sarà necessario ridurre leggermente il wattaggio erogato sul finire dell’esercizio.
Il Disaccoppiamento Aerobico
Il fenomeno della deriva cardiaca può fornire informazioni molto utili sullo stato di preparazione da testare periodicamente mediante l’analisi del Disaccoppiamento Aerobico (DA).
Il concetto è stato introdotto ed approfondito in ambito ciclistico tra gli altri, da Joe Friel autore di “The Cyclist’s Training Bible” e, semplificando un po’, consiste in un indicatore in grado di fornire informazioni sulla solidità delle “fondamenta aerobiche” costruite nel corso della preparazione. Conoscere questo dato è utile per determinare quando l’allenamento di base può lasciare il posto a quello a carattere specifico. Un tempo, i vecchi allenatori, dicevano che la “gamba sarebbe stata pronta” per passare a lavori a più alta intensità dopo aver percorso un certo numero di km ad andature “regolari”… beh sicuramente un modo di dire e una stima dettata dall’esperienza e dall’intuizione ma probabilmente carente di fondamenti scientifici.
Con specifici test è possibile infatti determinare e quantificare in termini percentuali il disaccoppiamento. Chi utilizza solo il cardio-frequenzimetro dovrebbe infatti conoscere il proprio livello di disaccoppiamento aerobico ma soprattutto quanto tempo intercorre prima che la percentuale di disaccoppiamento raggiunga un livello che andrà a compromettere il resto della sessione di gara o di allenamento.
Tornando in ambito ciclistico e procedendo ancora per esempi pratici potremmo prendere in considerazione una cronometro pianeggiante di 40 km. Il nostro atleta, una volta lanciato dalla rampa, cercherà di raggiungere gradualmente il valore di potenza ottimale (in relazione alla durata della prova, in questo caso intorno alla propria FTP) per poi stabilizzarsi in cadenza e potenza cercando di mantenerlo per tutta la durata della cronometro.

In un percorso pianeggiante, quindi a sforzo “meccanico” costante, sarà possibile dividere l’evento in due metà esatte e successivamente rapportare i dati relativi alle medie di potenza e frequenza cardiaca della prima e della seconda metà. Il risultato, espresso in termini percentuali esprime il disaccoppiamento aerobico, più il valore si avvicina a zero, più robuste sono le fondamenta aerobiche.
Abbiamo parlato di uno strumento importante, ma non certo infallibile. Per monitorare le proprie prestazioni nel corso della stagione sarà infatti necessario effettuare un confronto tra prove effettuate in condizioni simili. Allenamenti intermittenti o a carattere fortemente anaerobico, così come disidratazione ed altri fattori esogeni possono per esempio generare valori di disaccoppiamento non corrispondenti alla realtà pertanto, se non in presenza di appositi test oppure difronte ad allenamenti effettuati in specifiche condizioni, potrebbe essere fuorviante avvalersi di strumenti di valutazione del genere.